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“Serve una norma che fermi le aziende sino a quando non sono ripristinate le norme di sicurezza”. Così il segretario della Cgil Maurizio Landini, in una intervista a La Stampa, commenta le sei morti sul lavoro in un solo giorno e chiede che governo prosegua il confronto con i sindacati in merito alla prevenzione avviato lunedì. “La serie degli incidenti dimostra l’urgenza di agire. Qualità del lavoro, salute e  sicurezza devono diventare una priorità nazionali”, “vanno aumentati i poteri ispettivi e le sanzioni. Con Draghi abbiamo condiviso la necessità che nelle imprese che non rispettano norme, o che sono soggette a incidenti, le attività possano essere sospese sino a che non si ripristinino le condizioni di sicurezza. Questo vuol anche dire, da subito, effettuare migliaia di nuove assunzioni negli ispettorati del lavoro, nelle Asl e servizi territoriali. Inoltre, è necessario rafforzare il vincolo della formazione per i datori di lavoro. L’incidente di Pieve Emanuele avviene nell’ambito di un appalto e, troppo spesso, le vittime sono lavoratori precari o neoassunti. Non si può restare a guardare”. E ribadisce la richiesta di una patente a punti della sicurezza aziendale: “Il governo si è reso disponibile a lavorarci a partire dal coordinamento delle banche dati. Abbiamo condiviso più ampi poteri ispettivi e sanzioni per chi non rispetta le regole. Nessuna azienda deve mrimanere senza rappresentanti dei lavoratori alla sicurezza. Il nodo è prevenzione e formazione. La sicurezza deve essere considerata un investimento, non un costo”. La chiave è lo stop delle aziende fuori norma: “Senza sicurezza non si può lavorare”.  “O ci coinvolgono nelle riforme, azioni sociali ed economiche o scendiamo in piazza” “La pandemia ci ha cambiati. C’è più incertezza, e le differenze territoriale e le diseguaglianze che sono aumentate”, “viviamo grandi trasformazioni e cambiamenti: andremo in piazza se le nostre richieste non saranno accolte e non ci saranno risposte. Non è una minaccia ma un esercizio democratico” dice poi il segretario della Cgil. E interrogato sul cosiddetto Patto per l’Italia precisa: “Nell’incontro con Draghi, non s’è parlato di patti. Tutto è avvenuto sulla base della lettera inviata il primo settembre da Cgil, Cisl e Uil. Oggi l’esigenza è che il mondo del lavoro sia coinvolto nelle decisioni su riforme, azioni sociali ed economiche. S’è cominciato con Salute e Sicurezza. Siamo solo all’inizio”, “il governo si è impegnato a realizzare un protocollo d’intesa sugli investimenti previsti dal Pnrr: è importante. Ciascuna amministrazione titolare di investimenti deve istituire tavoli permanenti sulla destinazione dei fondi e loro ricadute. Tutte le riforme devono essere oggetto di confronti preventivi a livello nazionale. Così il metodo diventa un sistema di relazioni, nazionali e territoriali, per tutti i sei anni del piano”. Fra un mese si sbloccano i licenziamenti… “Sarà il 31 ottobre, per tessile, abbigliamento, commercio, servizi e turismo. Va affrontato, perché la riforma degli ammortizzatori, anche se si fa, sarà in vigore l’anno prossimo. Non possiamo permetterci che in settori privi di tutele scattino i tagli occupazionali. E non possiamo accettare che certe aziende prendano decisioni unilaterali, anche antisindacali come nel caso di Gkn – prosegue Landini – Si pone la questione di transizioni e delocalizzazioni. Ci aspettiamo che non si perda tempo”. Entro ottobre? “È il mese della legge di bilancio e delle emergenze da risolvere. Il mese per agire”, “la ripresa ha generato troppi contratti a termine. Tre quarti delle assunzioni sono limitate nel tempo. Solo l’1 per cento ha durata superiore a un anno. E’ un problema serio. Il part-time involontario sta aumentando, riguarda quasi tre milioni di persone. Questo amplifica la povertà e la precarietà dei lavoratori. Cinque milioni di persone nei settori privati sono sotto i 10mila euro di reddito annuo”. In merito al dibattito sul salario minimo quindi Landini evidenzia: “Noi vogliamo aumentare i salari e la soluzione consiste nell’ampliare l’efficacia dei contratti collettivi nazionali, cancellando le centinaia di intese pirata. Vuol dire dare valore di legge generale agli accordi nazionali e di conseguenza ai minimi salariali e ai diritti collegati, come – ad esempio – maternità, infortunio, ferie, malattia e maggiorazioni”. Poi il nodo Quota 100: “Noi proponiamo che dall’età dei 62 anni ci sia la possibilità di scelta, visto che il sistema è contributivo. Senza dimenticare che occorre tenere conto dei diversi lavori più gravosi, dei giovani, del lavoro di cura e in particolare delle donne, che pagano cara la pandemia in termini occupazionali. L’obiettivo deve essere questo, oltre a evitare lo scalone di cinque anni” conclude. – See more at: http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/incidenti-lavoro-landini-stop-subito-ad-aziende-senza-sicurezza-71b83b30-69c6-4a5f-90c9-a97681b34fdc.html

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